ArcilesbicaxxBergamo

Arcilesbica è un'associazione nazionale delle donne lesbiche italiane.

Nel suo sito dichiara che i suoi scopi sono:
combattere ogni forma di pregiudizio e di discriminazione nei confronti delle lesbiche e delle persone omosessuali;
 potenziare la visibilità delle lesbiche;
rivendicare il riconoscimento e il pieno godimento dei diritti civili

ArciLesbica nasce ufficialmente nel dicembre 1996 dalla suddivisione di ArciGay e ArciLesbica in due distinti soggetti federati tra loro.
Ad ArciLesbica possono aderire sia singole individue che gruppi organizzati, purché composti e diretti da sole donne.
Nel corso degli anni l'associazione ha portato avanti numerose iniziative sulle tematiche della lotta all'omofobia, alla violenza sulle donne e per i diritti civili delle coppie lesbiche.
Attualmente ArciLesbica conta 19 circoli attivi sul territorio nazionale. La sua presidente è Paola Brandolini, eletta nel 2012.
Il logo di ArciLesbica rappresenta due simboli di Venere che si intrecciano all'interno di due ali che vanno a formare una farfalla. Il colore del logo è viola.




G «È difficile esporsi qui a Bergamo. Tu sei abituatata in una grande città in cui il vicino di casa è solamente un vicino».
C «Lo so. Lo so benissimo, ma dobbiamo fare qualcosa. Non possiamo vivere nell’ombra di noi stesse. Sei d’accordo?»
G «Certo che lo sono. Come possiamo fare? Non si muove nulla qui. Forse dovremmo iniziare noi…forse. Ma come?»
C «A parte il Mamo’s qui…?»
G «Nulla…proprio nulla»
C«Sai, forse dovremmo iniziare a pensare di fondare un’associazione di donne»
G «Sì, sarebbe fantastico. Ma come facciamo?»
C «…»
G «…»

Aprile 2007
Quella sera, sì, me la ricordo perfettamente.
C ed io eravamo lì, di fronte ad un pugno di donne. Alcune conosciute e  presentatesi all’appuntamento per l’opera di “persuasione” di C ed un lungo lavoro di autoconsapevolezza  ed assertività effettuato in gruppi di incontro.
Lei ed io poi a casa aggiustavamo il tiro, ne discutevamo durante le nostre cene, la mattina prima di salutarci ed andare a lavorare e sognavamo…quanto sognavamo,  affinchè questo progetto si realizzasse. Ci stava troppo stretto tutto.
Da parte nostra i primi passi li avevamo fatti, intessendo relazioni con i vicini di casa che piano piano si avvicinavano a noi per curiosità, scoprendosi incredibilmente stupiti nel considerare la nostra relazione una tra le tante, differente solamente per l’orientamento sessuale della nostra coppia, rispetto alle loro.
E se fossimo state meno cocciute, probabilmente tutto questo ci sarebbe potuto bastare, soprattutto dopo che si era arrivate anche ad accudire  il bimbo della vicina quando lei era impegnata in altro, visto che, a suo dire, l’ex marito era sicuramente meno affidabile nella cura e nella premura rispetto a noi.
Ma, come dicevo, tutto questo non bastava.
Non bastava a noi.
Il nostro orticello l’avevamo ben seminato e stava dando meravigliosi frutti. Ma fuori dalla nostra proprietà intravedevamo solamente sterpaglie cresciute in un terreno troppo arido da calpestare.
Cominciammo quella sera il nostro cammino insieme a queste donne, quasi tutte più che ragazzine e assolutamente spaventate all’idea di esporsi pubblicamente. La maggioranza, sicuramente.
Ma tutte convinte che bisognasse intraprendere un’azione comunitaria di auto sostegno per “dirsi” e dichiararsi all’esterno. Ed insieme iniziammo questo percorso, con nomi e cognomi siglati sui documenti ufficiali, affinchè nessuno mai scoprisse il “malfatto” ed i nostri volti. C ed io l’avevamo previsto, ma non ci intimoriva  tutto questo.
Sì, in realtà tutte noi avevamo un po’ paura. Quella paura che cresce e diviene paralizzante  quando si permette all’  “esterno”  di intimidirci. Ma questa cosa non era ancora così chiara a tutte noi. Era più semplice pensare che gli altri ci minacciassero, piuttosto che acquisire consapevolezza delle nostre responsabilità.
E così, nei mille timori individuali, nacque una minuscola associazione come la nostra, in una piccola cittadina del nord Italia.
Bergamo, storicamente conosciuta  come Città dei Mille, magica da scoprire per i suoi angoli storici che affascinano chiunque venga a visitarla.
E questa Bergamo nascondeva anche in una stanza, con pareti un po’ scrostate in cui risaltava un murales da quattro soldi raffigurante una falce ed un martello, una decina di donne che stavano preparando nuovi aratri e nuove sementi per poter calpestare erba fresca.

Dicembre 2012
Abbiamo smesso di avere  paura perchè la consapevolezza della nostra forza e del nostro bisogno di sentirci vere, ha soverchiato qualsiasi ostacolo che ci impedisca di essere autentiche.
Oggi, Arcilesbicaxxbergamo ha al suo attivo una ottantina di donne che hanno mostrato il loro volto alla città benpensante in cui vivono.
Donne che oggi firmano qualsiasi documento con il proprio nome e cognome.
Donne, che amano con gioia altre donne.
Donne che camminano scalze sull’ erba verde anche quando l’inverno ghiaccia il terreno per ostacolare il loro cammino.

Domani
Noi ci saremo. Non so se come associazione o cos’altro.
Ma una cosa è siura. Io ho in tasca una manciata di sementi coltivate in Associazione. Ognuna di noi ce le ha e continuerà a donarle a donne che pensano  di dover portare scarponi chiodati per non scivolare sul ghiaccio.
E dopodomani, ne siamo convinte, celebreremo su un tappeto di fiori i nostri matrimoni. E se non ce lo permetteranno, lo faremo comunque. Non importa dove e chi celebrerà le nostre unioni. L’importante è che saremo completamente scalze!
Giulia Lorenzi





Sono arrivata all’Arcilesbicaxxbergamo  per caso, o meglio seguendo Sonia, non  sicura di sapere cosa aspettarmi …
Sono rimasta molto sorpresa … sono stata accolta da visi sorridenti e braccia tese . All’inizio pensavo fosse perché conoscevo Sonia, poi invece mi sono resa conto che le ragazze dell’arci sono sempre così!!!  Piano piano ho iniziato a conoscerle , sono molto timida, ci ho messo del tempo e non le conosco neanche tutte ma ho cercato di crearmi un posticino e poi in qualche modo di ringraziare …
Sì lo devo proprio fare perché è come se avessi preso più coscienza di me, più consapevolezza. Ho voglia di mettermi alla prova e di superare i miei limiti perché non sono sola, ma sono tutte insieme a me….
D. L.





La mia prima e meravigliosa relazione lesbica era appena finita. non avevo amicizie lesbiche, eccetto mia sorella, e la mancanza di qualcuna con cui parlare e confrontarmi si faceva spesso sentire. Non frequentavo locali, perchè avevo tutte amiche etero e non sapevo da dove cominciare. Dopo aver preso un po confidenza con la rete, le chat e le mailing list, avevo trovato qualcosa di tangibile:  la pagina di un gruppo di lesbiche a Bergamo, a 50 km da dove sono io.
Ho pensato che mi sarebbe piaciuto moltissimo frequentarlo, ma che non l'avrei fatto. Mandai una mail di richiesta informazioni alla quale rispose Alice, la responsabile del gruppo accoglienza.  Sembrava una tipa simpatica e tranquilla. Mi invita ad andare in associazione, anche solo per bere una birra e fare due chiacchiere, così…. per vedere com’era l’ambiente…. Ero sola e piuttosto timida, non andai. Per quasi un intero anno però, ricevetti da Alice una mail ogni due settimane, che aveva lo scopo di tenermi aggiornata sugli incontri dell’associazione e gli eventi che programmavano. Un giorno  lessi che stavano organizzando un pullman per il pride di roma, e che potevano iscriversi anche le "non tesserate all'associazione".  Presi quindi appuntamento per una domenica pomeriggio, al fine di poter prenotare due posti sul pullman.
Il luogo dell’appuntamento era un centro sportivo, Alice mi aveva detto che quella domenica ci sarebbe stato un torneo di calcio benefico a cui partecipavano come associazione e che avrei potuto prendere li i biglietti per il pullman e conoscere le altre socie. Presi coraggio e andai con una mia amica e la sua fidanzata, che seppur non interessate al pride, furono per me un grande supporto. Arrivata al campo riconobbi subito Alice, perché l’avevo cercata su facebook. Era seduta su una panchina e sembrava essere molto cordiale. Lei fu il primo incontro vero, in carne e ossa con l'associazione. Dopo 3 minuti che parlavamo, mi è stato subito chiaro il significato di accoglienza. Seppure non mi avesse mai visto, Alice mi parlava e si interessava a me, facendomi sentire importante. Ora che la vedo lavorare in associazione mi rendo conto che non era un privilegio riservato a me, ma proprio il suo modo di essere e di accogliere. Mi disse “Andiamo Sonia, i biglietti li ha la presidente” e ci incamminammo tutte insieme.  Ricordo bene che quando mi presentò Giulia io pensai: molto informale come presidente, capello biondo selvaggio, ray-ban e jeans strappato, il che fece in modo che anche con lei non mi sentii in imbarazzo.
Pago il mio biglietto per il Pride e Alice mi presenta un paio di persone, poi mi parla di un cineforum che organizzano e mi invita a partecipare. Due settimane dopo mi facevo accompagnare, dalla stessa amica, al bar presso cui si riunivano e proiettavano il film. Chiaramente per la mia timidezza iniziale mi sono limitata a guardare il film e ad assistere al dibattito, senza parteciparvi. In seguito sono tornata per una meravigliosa giornata dell’arte, poi insieme siamo andate al pride, poi ad una riunione e beh.. eccoci qui…
È passato un anno e mezzo, e in questo tempo mi sono sentita crescere sempre, tutti i giorni arricchita dalle donne che ho incontrato e dalle molteplici possibilità che questa associazione offre.
Mi spaventava la parola "politica" all'interno di un'associazione, perchè pensavo fosse qualcosa di tecnico, di troppo grande e impegnativo per me, che non ho in questo campo nessun tipo di esperienza e conoscenza. Col tempo mi sono accorta che la politica è anche quella che facciamo noi sul territorio e spesso significa mettere la propria faccia durante una manifestazione, piuttosto che chiedere i diritti in piazza o una raccolta firme, tutte cose che mi sento in grado di fare... mi sono resa conto che la politica posso farla anche io, con i miei mezzi, indirizzata e coordinata da chi, in quel campo, può darmi lumi.
Ora non mi esprimo parlando di "loro", ma di "noi" ed è per me è una gioia immensa e motivo di orgoglio.
Quella che dall'esterno è considerata una semplice associazione di donne, da dentro io la vivo come una grande famiglia, con parenti vicini e lontani, sorelle e cugine di primo e secondo grado... e non mancano le zie...
In questo tessuto di relazioni, ognuna di noi ha la possibilità di dire la sua e di esprimersi a suo modo, nonchè di mettere la propria creatività a disposizione dell’associazione. Anche per questo motivo ci sono vari gruppi che collaborano e che si confrontano all'interno: il gruppo arte, cultura, ludico, accoglienza, politico, per citarne un po...
L'arcilesbicaxxbergamo è quindi per me una seconda casa, un posto in cui mi sento in pace e tranquilla, in qui posso essere quella che sono senza nascondermi, posso esprimere ciò che sento e spesso ritrovarlo negli occhi di chi ascolta, o al contrario trovare un modo diverso dal mio per leggere le situazioni, anche quelle personali e lo trovo stimolante e di molto aiuto.
Questa associazione rappresenta per me un ottimo modo per incanalare le mie energie, per rendere concreto qualcosa che troppe volte resta solo un'idea. È un luogo protetto dove si possono conoscere donne diverse, intrecciare relazioni di vario genere, ma è anche un’officina di idee, nella quale posso fare progetti per la conquista delle cose per me importanti, come i diritti civili.
Sonia Pagarini





Potrei dire che è stato amore a prima vista. Già dopo abbastanza lunghe ricerche, che a nulla mi avevano portato, un giorno quasi per caso, cazzeggiando su Facebook, vedo un Link. Il Link invitava ad un Cineforum (tema Lesbico) in un locale a Bergamo. Ho risposto al Link e ho chiesto dove fosse il locale. Qualcuno (ed ora so chi) mi ha gentilmente risposto ed esortato a partecipare. Così ho fatto. Senza pensarci troppo ho fatto subito la tessera dell’Associazione, ho seguito i vari appuntamenti del Cineforum ed ho cominciato a frequentare le riunioni (anche se la prima a cui sono stata invitata l’ho persa…perché mi sono persa). All’inizio stavo un po’ sulle mie (fa parte del mio carattere) ma devo dire che mi sono sentita da subito bene accetta e coinvolta. Le finalità e le varie iniziative mi sono piaciute immediatamente e le varie (tante) persone anzi DONNE che ho conosciuto mi hanno dato modo di inserirmi,  di impegnarmi e rendermi utile (anche se limitatamente alla mia  esperienza di questo mondo che per me era del tutto sconosciuto fino ad 1 anno fa).  Diciamo che nel giro di pochi mesi ho fatto molto più di quanto abbia mai fatto in tutta la mia vita. Mi sono per così dire catapultata nel mio e nostro mondo e ne sono entusiasta. Quanto  più frequento l’Associazione tanto più mi carico di energia,  voglia di sapere, conoscere, fare, giocare,  vivere e perché no anche amare.
Il mio posto ora è qui con tutte voi, per tutte noi.
Il mio augurio è che sempre più DONNE entrino nell’ARCILESBICA  e condividano con noi gioie e dolori, impegno e che possano sentirsi, come me, un po’ come a casa propria. 
Spero anche che i nostri comuni sforzi portino tutte noi, DONNE LESBICHE,  a vederci  riconosciuti quei diritti  che per noi sono una chimera e che finalmente il cosiddetto mondo civile diventi tale. Ci sono troppe persone che non vivono la propria vita o comunque sono costrette a portare una maledetta maschera. Veramente troppe.
Buon lavoro e grazie ARCILESBICAXXBERGAMO
Cristina Parisi






50 km non sono una grande distanza. 5000 lo sono. Di recente ne ho percorsi 5000. Ho impiegato 9 ore di volo. Era per ritrovare NY. Davanti a cotanto obbiettivo, molti giustificherebbero un simile sforzo. Eppure in 8 mesi e in diverse ore di viaggio, ho percorso quei piccoli 50 km: con la pioggia e con il sole, d’estate e d’inverno, nei giorni feriali e nei giorni festivi, a volte spensierata e a volte no, a volte immersa nel traffico a volte no, a volte al telefono, a volte cantando con la radio, a volte imprecando per il ritardo, a volte piena di emozioni, a volte persino con il viso rigato dalle lacrime,…li ho percorsi decine e decine di volte. Quando i mesi saranno arrivati a 12, avrò superato abbondantemente le 9 ore di volo e i 5000 km. Quale obbiettivo per molti, giustificherebbe un simile sforzo?

La prima volta che ho percorso i 50 km che separano Milano da Bergamo, non sapevo bene cosa avrei trovato. Se avrei trovato qualcosa. Sapevo però cosa stavo cercando. Me stessa e la speranza.

Ci alziamo ogni giorno, di ogni settimana, di ogni mese e di ogni anno da quando ancora non avevamo consapevolezza per correre dietro, di volta in volta: alla scuola,  al lavoro,  alla casa,  alle bollette, all’automobile, alla salute,  alle vacanze,  alla fidanzata, alla famiglia. Abbiamo iniziato con il grembiulino delle elementari e siamo ancora qui. Mangiare, bere, dormire, lavorare, accoppiarsi. Possibilmente tutto di corsa. E tutto perché si deve. Possibilmente tutto talmente di corsa, che di rado avviene che qualcuno afferri il telecomando schiacci “pausa”, fermi la giostra e solo lì inizi a chiedersi: ma tutto questo correre è per andare dove? Per arrivare a cosa? A fare l’ingegnere e a costruire ponti?  E poi, dopo che li avrò costruiti? A guadagnare 7000 euro al mese? E poi, dopo che li avrò guadagnati? Qual’ è il senso del mio essere qui? Del mio esserci? Di me? Chi sono io? Il mio tempo su questa terra sarà davvero valso a qualcosa? Quando chiedono agli Americani: “chi sei”, loro rispondono: un avvocato, un postino, un poliziotto, un operaio. Rispondono con la professione, con il lavoro. Chi sei? Chi sono? Noi rispondiamo con il nome di battesimo. E poi aggiungiamo un elenco. Donna, bianca, italiana, di 37 anni, cristiana, omosessuale. Se riusciamo a fermare la giostra abbastanza, nel corso di qualche anno: iniziamo a capire che noi, al di là di qualche pratica etichetta, siamo un intero universo di cose. Unico ed irripetibile. Non ce ne sarà mai un altro uguale. Allora non fosse altro per questa unicità e per il fatto che almeno con noi stessi ci vivremo senz’altro tutta la vita, può avere un senso scegliere di fermare la giostra per tentare di capire e sapere chi sono. Io sono quindi un universo di cose. E non basterà un esistenza intera per conoscerle tutte, ma tra le tantissime cose che sono, ce ne sono alcune importanti: sono i miei sentimenti, i miei affetti, la mia attrazione per, il mio innamorarmi di. E’ così che di tutte le tappe del viaggio di una vita, intrapreso per capire e conoscere me stessa, c’è anche questa. Non avevo bisogno di coprire quei 50 km per sapere di essere omosessuale. Non avevo bisogno di coprire quei 50 km per innamorarmi di una donna e capirne il significato. Lo sapevo da molto tempo e da molti km prima. Ne avevo fatto personalmente esperienza e avevo già letto diversi libri. Eppure quei 50 km sono valsi ogni singolo metro, di ogni singola volta in cui li ho percorsi: perché l’accoglienza, l’affetto, l’energia, l’entusiasmo, il confronto, la condivisione e la solidarietà straordinaria, mai vista prima, di un gruppo di donne che si adoperano volontariamente e gratuitamente per le donne, mi ha colpito ed emozionato. Perché in qualche modo mi rappresenta. Perché io penso che così dovrebbe essere, ovunque e sempre. Perché in qualche modo mi ha permesso di riconoscermi in loro e nel loro tentativo. Perchè mi ha permesso di ritrovarmi e di ritrovare la forza e il senso profondo e profondamente giusto di quello in cui credo: cioè che siamo tutti creati uguali e che in quanto tali abbiamo tutti, diritto ad essere felici.  Nel tentativo di Arcilesbica XX Bergamo di alzarsi in piedi e di dire che: l’odio è sbagliato, che l’ignoranza e il pregiudizio vanno combattuti non cavalcati, che le paure sono fatte per essere vinte e non fomentate per scopi utilitaristici e di tornaconto personale;  io ho ritrovato me stessa. Nel tentativo di Arcilesbica XX Bergamo di non tacere per comodità mentre si guarda dall’altra parte e di non arrendersi alla violenza, che porta alle botte e all’ospedale o al suicidio, ma di opporsi ancora e ancora e ancora: denunciando, scendendo in piazza, scuotendo le coscienze e gli animi sopiti; io ho ritrovato me stessa. Nel tentativo di Arcilesbica XX Bergamo di raccogliere le parole del Reverendo King: “Non temo la cattiveria dei malvagi, quanto il silenzio degli onesti” , perché non solo le oneste non sono più silenti, ma abbandonato il comodo divano di casa e le altrettanto comode lamentele davanti alle notizie di intolleranza e di discriminazione; hanno dimostrato di essere pronte a tirarsi su le maniche per donare gratuitamente: il proprio tempo e le proprie energie dando vita ad un’associazione in cui gli altri siamo noi: le botte che tu prendi le ho prese io, il diritto di andare in giro a testa alta e la dignità che vogliono calpestare non è la tua, è la nostra,… in questo tentativo io ho ritrovato me stessa. E ho ritrovato la speranza. Harvey Milk ha detto: “So che di sola speranza non si vive, ma senza di essa la vita non vale la pena di essere vissuta. Devi dare alla gente la speranza,…”. Speranza di un mondo migliore, di una vita più semplice; come semplicemente non scegliamo di amare chi amiamo, ma succede e basta.  Nel tentativo di Arcilesbica XX Bergamo di non smettere di dare voce alla speranza, io ho riconosciuto me stessa e la parte migliore di quello che vorrei essere. Ed è per questo che ne vale la pena. Ed è per questo che, non so se per molti, ma sicuramente per me, questo obbiettivo giustifica lo sforzo.

Quando arrivi a NY nel nuovo mondo, dopo 5ooo km, la prima cosa che vedi è questa Signora che porta il nome Liberty , vestita di drappi, che tutti riconosciamo e che alza al cielo una fiaccola.  Così facendo lei ti chiede di credere nella speranza. La speranza di una vita migliore.  Di recente, ho incontrato questa Signora e le ho detto che: di là, nel vecchio continente, dopo 50 km da casa mia, la prima cosa che ho trovato è stato un gruppo di donne come lei, che portano nomi diversi e che coraggiosamente come lei, ogni giorno, si sono date il compito di tenere accesa la stessa identica fiaccola. Quella della speranza di una vita migliore.   

Valeria






Per un gay che si dichiara, ce ne sono dieci che non lo fanno, e cento che non l'hanno mai confessato a se stessi.
Marguerite Yourcenar

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