Libertà è un sostantivo
femminile che deriva dalla lingua latina: libertas
–atis.
Significa l’essere
libero, la condizione di chi non ha padroni e non è schiavo.
Da qui Marco Tullio
Cicerone che scriveva: «
La libertà non consiste nell'avere un buon padrone, ma nel non averne affatto » .
Nel corso degli
ultimi anni e con l’età adulta, ho iniziato a comprendere che esistono due tipi
di libertà. Entrambi importanti. Entrambi imprescindibili.
La libertà di
poter essere “fuori” nel mondo e la libertà di poter essere noi stessi, con noi
stessi. La libertà esteriore di
essere e di esistere, come si è e come si desidera essere ed esistere, rispetto
a tutto quello che c’è fuori di noi: le altre persone, la società, le regole
della società. Ma anche la libertà di essere e di esistere, come veramente si è
e si desidera essere; rispetto a tutto quello che c’è dentro di noi: le nostre paure, le nostre fragilità ed insicurezze,
i nostri difetti e le mancanze, ma soprattutto le nostre “prigioni” mentali.
Quelle indotte ed autoindotte negli anni attraverso il rapporto con il mondo
esterno, attraverso il rapporto con i familiari, attraverso il rapporto con
quello che facciamo fatica ad accettare degli altri e di noi stessi. Non a
caso: Libertà è il contrario di prigionia.
La prigionia è
senz’altro quella per cui ad esempio: una donna mussulmana in alcuni paesi
integralisti del mondo, non può guidare un automobile, o sottoporsi ad una
visita medica se non accompagnata, o iscriversi all’università e studiare, o
decidere di non sposarsi. La prigionia è senz’altro quella per cui negli anni
30, 40 e 50 dello scorso secolo in Mississippi, Alabama, Luisiana e in altri stati federali, una donna
afroamericana poteva entrare al cinema o in biblioteca solo da un ingresso
separato, fare la spesa solo in alcuni empori, sedersi solo in alcuni posti sui
mezzi pubblici, frequentare solo alcune scuole e università. Non poteva
accettare un passaggio in auto da un uomo o da una donna bianchi, non poteva
intrattenere una relazione, né tanto meno sposare un uomo bianco. Prigionia è
senz’altro quella per cui ancora oggi in Italia, una persona omosessuale non
può camminare per strada tenendo per mano il compagno o la compagna, senza
correre dei rischi: che vanno dall’essere additata, coperta di ridicolo e
magari insultata, all’essere letteralmente picchiata. Non può che contare e
affidarsi al buon cuore del medico di turno, quando si tratta di stabilire chi
sia incluso o escluso dalla definizione di “parente” – “lei è una parente?” -
se desidera rivedere e assistere la persona che ama ricoverata in
ospedale.
La prigionia è
senz’altro quella per cui in definitiva noi siamo “costretti” e spesso privati
dall'esterno. Dalle regole tradotte in leggi, dalle consuetudini e abitudini
del “si è sempre fatto così” o “questa è la tradizione” e dai costumi sociali.
Di contro quindi,
la Libertà è quella: concreta e tangibile, pratica e materiale; di poter andare
e venire, fare e disfare, studiare o restare ignoranti, esprimere il proprio
voto oppure astenersi, credere o essere atei, parlare o restare in silenzio,
essere d’accordo ma anche in totale disaccordo venendo rispettati sempre,
libertà di amare e di sposarsi tutti e tutte oppure convivere e basta, di
adottare dei figli o di metterli al mondo e libertà di lasciare in eredità una
casa alla persona che ho amato per tutta la vita: senza che qualcuno-chiunque,
possa dire anche una sola parola solo perché si tratterebbe di una donna e non
di un uomo. Questa è senz’altro la Libertà. La “Libertà di essere” nel mondo:
quella per cui ancora oggi, in ogni parte del pianeta a prescindere dal sesso,
dal credo e dal colore della pelle, molti uomini e donne si battono e si sono
battuti. Quella che viene citata nella famosa Dichiarazione:
“..Noi riteniamo
che queste verità siano di per sé evidenti, che tutti gli uomini sono creati
uguali, e che sono dotati,… di certi inalienabili diritti fra i quali quelli
alla vita, alla libertà e al perseguimento della felicità”.
Eppure mi sento
di dire, sulla base della mia piccola esperienza, che accanto e anzi in qualche
modo prima ancora, di questa Libertà, con la L maiuscola ci sia l’altra; non
meno importante, anch’essa con la L maiuscola. Anche per questa Libertà, molte
persone combattono ogni giorno e in ogni parte del pianeta. Combattono una
battaglia che avviene dentro di loro. Una battaglia forse più difficile. Quella
contro tutto quello che pur costituisce “prigione”. E in quanto tale ci
obbliga, vincola, lega e impedisce; ma con la sola differenza che alberga
dentro di noi. Eleanor Roosevelt diceva: “Nessuno può farci sentire inferiori
senza il nostro consenso”. E quando diamo il nostro consenso? Quando in qualche
modo siamo convinti di essere sbagliati, di essere inferiori, non abbiamo
trovato la forza e il coraggio di superare la prigione della paura, la prigione
dell’ignoranza, la prigione del pregiudizio altrui, ma anche di noi stessi
verso noi stessi. Così è prigionia comunque, non avere il coraggio di essere e
di esistere come si sente e si vorrebbe essere ed esistere.
E’ prigionia non
avere il coraggio di pronunciare la parola “lesbica” riferita a me stessa,
perché infondo da qualche parte sono ancora convinta che “lesbica” non sia una
brava persona. Lesbica non è una brava figliola, nè quella che avremmo voluto.
Per questo non ne parleremo mai apertamente. E’ la prigionia del mio stesso
pregiudizio, della mia stessa disistima. E’ una segregazione poi così diversa,
dall’essere costretti a sedersi nei posti in fondo sull’autobus, solo per il
colore della pelle? Io non credo. E’ una segregazione interiore. Perché se io
cedo allo sguardo di disapprovazione, se io cedo alla paura dell’esclusione e
non affronto tutti quelli che mi compatiscono, mi deridono, mi contestano,
impediscono alla mia persona di camminare per strada tenendomi per mano a testa
alta, se io cedo a quelli che mossi dal pregiudizio mi limitano e vorrebbero
impormi una vita e una sessualità che mai potrà essere la mia: dicendo che in
qualche modo sono sbagliata, è perché io infondo sono prigioniera e non libera.
Libera dentro innanzitutto. Perché la mancanza di coraggio e di forza, non sono
forse la vittoria della prigione della paura?
Ogni volta che
combatto e vinco le mie stesse paure, il mio pregiudizio, la mancanza di stima
e di amore verso me stessa: comprendendo e riconoscendo la bellezza e l’unicità
di quello che sono, ogni volta ho fatto un passo in avanti verso la libertà.
Ogni volta ho sconfitto la schiavitù e la prigionia della paura.
La verità vi
renderà Liberi. “La verità di essere quello che si è” ci rende liberi. E
dobbiamo essere ed essere a testa alta, prima con noi stessi e poi con il resto
del mondo, là fuori.
Da ultimo solo
una cosa, per la prima volta da quando ne conosco il significato, nello
scrivere queste righe, mi sono accorta che “Libertà” è nella lingua italiana: un
sostantivo singolare “femminile”,…. mi piace pensare non sia un caso.
Valeria
Sir Isaiah Berlin,
filosofo liberale e diplomatico britannico dello scorso secolo ha scritto:
«L'essenza della libertà è sempre
consistita nella capacità di scegliere come si vuole scegliere e perché così si
vuole, senza costrizioni o intimidazioni, senza che un sistema immenso ci
inghiotta; e nel diritto di resistere, di essere impopolare, di schierarti per
le tue convinzioni per il solo fatto che sono tue. La vera libertà è questa, e
senza di essa non c'è mai libertà, di nessun genere, e nemmeno l'illusione di
averla».
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