E’ il trattamento non
uguale nei confronti di un individuo o di un gruppo appartenente ad una
particolare categoria, in pratica è dove si verifica un diverso atteggiamento
in assenza di giustificazione. Alcuni esempi di discriminazione possono essere
il razzimo, il sessimo e l’omofobia.
In tutto il mondo,
milioni di persone affrontano ogni giorno la lotta contro la discriminazione
attraverso l’abbattimento di pregiudizi, ed al desiderio di sopraffazione nei
confronti di un gruppo o individuo considerato inferiore..
La discriminazione
colpisce individui o gruppi vulnerabili
: disabili, donne, poveri, omosessuali, emarginati… L’esistenza umana,
già di per se fragile, esposta com’è a pericoli, sventure e malattie, è resa
ancora più precaria da un vizio che attraversa tutte le culture: l’Intolleranza
(conseguenza della discriminazione).
Le persone dovrebbero
vivere secondo le proprie idee, avere la libertà di manifestarle e praticarle
senza volerle imporre con la forza ad altri.
Quando la diversità
sarà considerata una fonte di arricchimento culturale e spirituale, ognuno sarà
in grado di relazionarsi senza alcun pregiudizio con i numerosi “diversi” che
incontra nella vita di tutti i giorni, abbattendo quindi ogni forma di discriminazione.
“Questo è un mondo che è sempre appartenuto al
maschio”, scrive Simone de Beauvoir ne
Il secondo sesso.
L’enunciato è
probabilmente ancora valido ancor oggi, ma senz’altro in misura meno intensa,
più sfumata. Riguarda soltanto alcune sfere dell’esistenza e non altre. Ma su
un piano generale la donna in tutti i paesi ed in tutti i tempi è sempre stata
sottoposta a un trattamento meno privilegiato di quello dell’uomo. Del miliardo
e 300 milioni di persone che vivono in condizioni di povertà, il 70% è
costituito da donne. La situazione è ancora più grave nei paesi del Terzo Mondo.
L’inferiorità della donna sul piano economico ma soprattutto sociale è mutata
nel corso del tempo e la sua esclusione da una serie diritti e attività è
motivata da ragioni prive di fondamento quali l’inferiorità fisica o il ruolo
predestinato di madre e domestica.
Oggi è sicuramente
aumentata la percentuale di “ donne in carriera”, che risultano comunque
numericamente inferiori agli uomini. Inoltre è raro che ricoprano cariche
importanti e a parità di competenze, rispetto agli uomini vengono comunque
sottopagate.
Sta di fatto che fino a
poco tempo fa eravamo abituati a vedere la donna solamente come la donna di
casa, era inconcepibile poter pensare ad una donna finanziariamente
indipendente.
Storicamente l’uomo ha
rappresentato il simbolo della forza e del potere e di conseguenza la donna ha
sempre rivestito un ruolo minore minore. In molti paesi la donna è considerata
ancora “inutile”, una sventura che può essere solamente riscattata con un
matrimonio e la nascita di un figlio maschio. Infatti in paesi come la Cina e
l’India la nascita di una figlia è tutt’oggi accolta come una disgrazia. La
cultura islamica nega alla donna ogni tipo di libertà e ancora oggi la reputa
inferiore, sottomettendola alla volontà dell’uomo.
Dalla rivoluzione
femminista e quindi dagli anni 50 ad oggi, sono stati fatti passi importanti e
ancora molti altri ne restano da fare. A parer mio non si potrà raggiungere
l’uguaglianza e quindi sconfiggere la discriminazione, fino a quando la donna
non avrà una perfetta integrazione a livello politico-culturale-sociale.
D. L.
Questa è una piccola storia che parla di
una forma di discriminazione di cui io stessa ne sono protagonista.
Questo mi è stato dato da pensare. Bene
mi dico, passare in forma di parola scritta tutto quello che mi giunge in immagine: di me che poggio la testa contro un muro, che piango dopo aver
cercato di prenderlo a pugni e quando mi accorgo di non essere riuscita a
demolirlo, ecco appunto, le mie lacrime di costernazione con le mie tempie
puntate su di esso, su una superficie fredda e dura. Una immagine di
sconfitta.
Non è un epilogo. Ma l’inizio che mi ha
portata qui a trovare uno spazio e scrivere di me: l’albero che sembrava secco,
così io mi vivevo nell’impossibilità di relazionarmi con gli altri che sentivo
come barriere, ha conosciuto, in maniera inaspettata, una primavera: voi che mi
leggete e ora starete a chiedervi il mio nome.
La protagonista di questa storia fra
tante, permettete la vanità mica molte
visto che è la mia, ha un nome breve ma che impone un atteggiamento che chiedo
di assumere a chi mi ascolta e che ho sentito come un fardello, un imperativo
meglio, tanto è importante, un breve nome: Vera. Mia madre senza consultarmi,
non porsi il problema se avessi coraggio a sufficienza, se non lo avevo di mio
la vita me lo avrebbe tirato fuori a furia di sentirmi chiamare, trentotto anni
fa, decise così. L’unico nome che sua figlia potesse portare, anche se avrebbe
comportato fatica sostenerlo in ogni momento dell’esistenza. Grazie mamma della
fatica, della mia fatica, probabilmente ti è costato farmi dono di essa.
La mia storia è piccola ma solo perché
vera. Le verità sono tutte semplici, o meglio difficili nel dire, ma facili da
comprendere. A volte le si porgono, per
mediare l’imbarazzo, quello che mi è capitato di sentire volendo offrire la mia
intimità, con preamboli, ma dopo si abbandona con vigore questo velo quando ci
rendiamo conto di amare noi stesse e chi ci ascolta e regala del suo tempo, il
bene più prezioso oggi dico. Quindi grazie al mio orologio che mi ricorda che
il tempo di nascondermi è il tempo che sottraggo al vivere.
Ma torniamo alla mia piccola storia.
Le mie giornate scorrono veloci,
tranquille e i mattini mi reco al lavoro dove i miei colleghi sono anche le
persone con cui passo le mie sere libera da impegni, ma non dal mio nome.
Questo sino a quando qualcuno non ha guardato il suo orologio e pensato di non
aver più tempo per me, orbene sino a quando per me è diventato difficile
trovare un altro nome da chiamare ed affiancare al mio. Fino ad allora mi
sembrava non mi mancasse proprio nulla,
non sono uno spirito solitario e nello stare con gli altri mi ero
concessa tutta iniziando con l’offrire una verità sulla mia persona, ovvero
quello su cui avevo tanto lavorato interiormente, e con orgoglio aggiungo che è
anche la cosa più bella che mi sia uscita di bocca: << Sono lesbica
>>.
Ci ero riuscita. Vera è lesbica al
lavoro ed in famiglia, Vera si era stancata di portare solo il nome di un reale
da nascondere. Ma da quel momento Vera non ha più visto i suoi colleghi come
amici, ed il tempo trascorso con loro interessava solo quello segnato su un
grigio cartellino di presenze d’ ufficio.
Cosa è avvenuto mi sono chiesta: cosa è
accaduto che mi è sfuggito, forse perché proprio piccolo, e come una nenia in
mente mi rinforzavo di non pensare che dipendesse da quello. Sì, “quello” come si esprimono “loro”. Ho
domandato a chi consideravo amico una spiegazione e con schiettezza mi
raggiunse un << Perché sei lesbica e se la gente ci vede in tua
compagnia, ecco comprendi, penserà altrettanto di noi, che siamo degli
omosessuali come te, a noi fa pure schifo sai, nelle nostre serate tu non ci
sarai più>>. Le vostre serate comprendo e nelle labbra mi ritrovo un sorriso, perché l’ironia
è l’unica cosa che non riesco a nascondere. Grazie. La sincerità mi ha liberata
da chi non poteva portarmi nulla e avrebbe sottratto solo tempo, al mio ed al
suo. Da allora l’imbrunire mi ha conservato, sino a notte fonda, il viola di passione di ogni precedente
tramonto.
Ammetto di aver pianto, ma erano lacrime
che disinfettavano le ferite, di aver creduto di sprofondare, ma forse esagero,
una vita mi ha abituato a questo e il terreno, in definitiva, non è mai ceduto.
Piuttosto mi rendevo più vigile alla realtà con i suoi suoni, colori e pronta a
rispondere ad ogni suo richiamo: un’attesa durata due anni, con due deserti e
nessuna traccia visibile da trovare se
non il mio orgoglio e gli occhi di un gatto che mi seguivano per casa. Ma, un
mattino d’estate, passeggiando per la città, un luogo come tanti, ma il mio
spazio da emigrata, vidi un corteo lungo ed armonioso composto di persone dal
viso colorato con in mano una bandiera a sei colori che, all’improvviso, con un
sorriso, mi passarono in mano. Non dimenticherò come mi sentii amata e la certezza
di essere riuscita a superare le dune di una piccola storia, la mia. Partecipavo, seguendo i quotidiani
del giorno dopo, alla più grande manifestazione per i diritti degli
omosessuali.
Ringrazio la discriminazione che mi ha
permesso di non perdere la mia vita, ma solo chi aveva intenzione di rubarmela;
che ha allontanato, come una mietitura di giugno, ogni cosa che non mi avrebbe
regalato nemmeno un frutto rendendomi sterile; di stare qui a scrivere a quei
ragazzi dal viso colorato e non solo; che mi ha fornito la consapevolezza che
il silenzio si espande come un cancro.
Vera e con me molte Altre.
V.P.& K.di G.
“
Ho visto Dio, è Nera, Comunista e Lesbica”
Annie-Marie
Faurat
solo tre parole: orgogliosa di te!
RispondiEliminaZ.
se ce l'ho fatta, è grazie a voi ragazze di arcilesbicaxxbg ! V.P.
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